Lo sport è sempre stato specchio della vita. Un percorso di gioie e dolori, un cammino lungo e faticoso in cui da ragazzi si diventa uomini. Una strada ricca di volti, persone che con i loro insegnamenti hanno lasciato una traccia indelebile. Esperienze che hanno inciso prima sulla persona che sull’atleta. Andrea Benevelli ha percorso in lungo e largo la penisola, portando il suo basket dalle Alpi alla Sicilia. Quasi un predestinato, con papà Amos che giocò in serie A tra il 75 e l’89, sfiorando le 1000 partite, con oltre 6.000 punti realizzati. Un continuo rimettersi in gioco alla ricerca dell’equilibrio, della propria dimensione. Ed ora, a 35 anni, prepara il suo canestro sul futuro.
“La pallacanestro era nel mio destino. Mio padre giocava a basket e ricordo, fin da bambino i palazzetti che ho girato. Scegliere un altro sport, poi, era davvero difficile. Mi piaceva molto il calcio ma ho capito subito che non faceva per me. Già da piccolo avevo misure importante, ero sempre il più alto di tutti ed avevo un piede enorme. Diventando grande e arrivando a 2 metri e 02 di altezza e con un 48 di piede avevo quasi un destino segnato. Anche se, durante le giovanili mi ritrovai stanco dei tanti allenamenti senza giocare molto. Provai anche con la pallavolo e per un anno feci entrambi gli sport. Mio padre mi sostenne e incitò tanto per rimanere nel basket. Non mi ha mai fatto pressioni ma oggi devo a lui la mia carriera. Ha avuto l’occhio lungo nel sostenermi.”
“Ho iniziato con le giovanili, a Pesaro, ed ho avuto la fortuna di girare tanto il Italia, in tante squadre che militano in A1, con palazzetti pieni, in città, come Trieste e Bologna, dove la pallacanestro è una religione. Devo tutto ad incontri importanti, che hanno dato una svolta nella mia carriera. Gabriele Giordani è stato l’allenatore della mia prima stagione da professionista. Venivo dalle giovanili dove avevo giocato pochissimo. Mi vide in una partita, l’anno prima, e mi chiamò. Disse che avevo un grandissimo potenziale. Ero in un momento in cui volevo smettere. Mi diede la scossa e la voglia di provarci. Dovevo essere l’ultimo della squadra ed ho finito la stagione da titolare.”
“Dal 2011 al 2014 ho avuto la fortuna di essere ingaggiato dall’Orlandina e stare tre anni in Sicilia, bellissimi. Una grande realtà quella di Capo D’Orlando, un posto incredibile dove sono stato bene anche nel quotidiano. Le persone sono speciali e la qualità della vita è alta. Non mi era mai capitato in carriera di spendermi così per un singolo progetto, è qualcosa di appagante. Ed ho avuto la fortuna di arrivare a fare il capitano. Siamo partiti dalla serie B e siamo riusciti a risalire in A1. Tre anni intensi sia a livello agonistico che personale che mi hanno lasciato tantissimi ricordi. Mi sono innamorato della Sicilia e, quando ne ho la possibilità, vado sempre.”
“Nel 2014 arrivai a Brescia, disputando una stagione esaltante per tutta la regular season. Fummo la sorpresa di quel campionato. Peccato per i play off, persi in semifinale con Torino, che l’anno successivo salì in A1. Il rancore maggiore che mi porto dentro è quello di non aver potuto giocare le fasi finali per un virus che ho contratto. Proprio nel momento più importante del campionato. Il mio girovagare fra i palazzetti del basket mi portò nel 2016 a Ferentino e nel 2017 a Jesi, vicino casa. Volevo continuare gli studi, ero iscritto all’Università di Urbino, alla facoltà di scienze motorie. Un’evoluzione che devo ad un incontro che ha rivoluzionato la mia vita, facendomi cambiare il mio modo di vedere e intendere lo sport.”
“Nel 2016 conobbi una persona che mi ha aiutato a cambiare il mio atteggiamento dentro e fuori dal parquet. E che è, anche, diventata la mia fidanzata. Per professione dà supporto agli atleti, soprattutto per le scelte fuori dal campo. Un sostegno a 360°, orientandoli in quello che va oltre la carriera agonistica. Scelte di studio e università, passioni fuori dallo sport, aprire proprie attività. Per me arrivare a questo tipo di approccio e aprirmi ad altre esperienze fu fondamentale. Prima, ogni volta che avevo delusioni, mi sembrava che il mondo mi cadesse addosso. Scoprì che avere altri interessi mi permetteva di gestire meglio la pressione e le difficoltà dentro e fuori il campo. E il risultato è stato una crescita delle prestazioni soprattutto dalla stagione di Jesi. Una scia che è proseguita a Udine e Bologna.”
“Arrivare alla Fortitudo Bologna, nel 2018, è stata un’esperienza stupenda. La città non solo è una delle capitali del basket in Italia ma è anche un posto bellissimo in cui vivere. La società cercava la promozione da 10 anni nella massima serie. E’ stata una cavalcata impressionante. Già a fine marzo eravamo matematicamente promossi in serie A1, con quasi 40 partite disputate e solo 5 perse. A queste bisogna aggiungere la vittoria della Supercoppa italiana e la finale di Coppa Italia, che purtroppo perdemmo. Una stagione unica, giocando sempre con un pubblico incredibile, come pochi nel mondo del basket in Italia. Un insieme di elementi che hanno reso indimenticabile la mia esperienza a Bologna.”
“Quest’anno sto giocando a Milano, con l’Urania Basket, una squadra giovane ma dal grande potenziale. Siamo partiti male, perdendo 5 delle prime 6 partite disputate. E tutte di un solo punto. Siamo stati bravi a continuarci a credere, a lottare in ogni partita. E i risultati sono arrivati. In venti partite siamo riusciti a risalire dall’ultimo posto al settimo. Peccato che a stagione sia finita prematuramente ma di fronte ad un problema di questo tipo è giusto che si fermi tutto. Nel basket si parlava che si poteva andare avanti solo se si fosse potuto giocare a porte aperte. Se no, non avrebbe avuto senso. Rimane la soddisfazione personale e la certezza che la squadra possa ripartire alla grande nel prossimo campionato.”
“Sto cercando anche di preparare il mio futuro, lo sport è un lavoro a tempo limitato. Quest’anno ho avuto la possibilità, grazie alla flessibilità che mi ha concesso la società, di fare un master in Bocconi in management del food and beverage. Mi piacerebbe entrare in questo mondo che già mi sta dando l’opportunità di conoscere molte persone. Fra studio e basket è molto impegnativo ma quando si ha passione e si crede in quello che si fa la stanchezza si supera. E spero ancora di correre a lungo sui parquet mentre preparo il mio canestro per la vita.“
Andrea Benevelli