Un amore nato per caso. Un percorso che ha cavalcato la storia di una città e lo ha portato a respirare momenti in cui il rugby è stato rivoluzione sociale e culturale a livello universale. Orazio Arancio ha afferrato la palla ovale in tarda età ma è riuscito a bruciare tutte le tappe facendo propri gli insegnamenti di tanti maestri. Un racconto appassionante, un’esperienza intensa, una vera rivoluzione nella propria vita. Un’avventura partita dal Santa Maria Goretti e che lo ha portato, con la nazionale, a vivere lo storico mondiale in Sudafrica del 1995. La passione che ancora oggi arde nell’attività di dirigente in una terra che ha nel rugby qualcosa che va oltre lo sport. Una vera scuola di vita, in cui formare i giovani ai grandi valori di unità e sostegno.
“Sono un rugbista per caso. O meglio per sfida. Il mio primo sport, il primo amore è stato il basket che ho iniziato a 7 anni. Uno sport a cui devo molto e che ritengo il migliore per sviluppare la coordinazione. E’ stato una base importante nel mio futuro nel rugby. Sport che incontrai per la prima volta a 15 anni. Feci solo due allenamenti e tornai al basket. Fu a 17 anni quando, durante la festa di Sant’Agata a Catania, incontrai Salvo Abate, che giocava nella Fiamma. Mi lanciò quasi una sfida, dicendo che avevo paura, che il rugby me la faceva fare sotto. Fui preso nell’orgoglio. Tornai al campo e mi piacque talmente tanto che mi ritrovai a seguire tutti gli allenamenti. Feci un anno nelle giovanili e due anni di serie C fino al passaggio, a 19 anni nell’Amatori Catania.”
“Era il 1987 e l’Amatori era stata retrocessa in A2. La squadra acquistò due giocatori fortissimi degli Sprinboks: la terza linea Breedt e Naudè, mediano d’apertura di classe estrema. L’allenatore era Totò Trovato che, finito da pochi anni di giocare, ebbe l’opportunità di allenare la prima squadra. Crescere accanto ad un fenomeno come Breedt, uno dei giocatori più forti che ho incontrato in vita mia, fu determinante. Imparavo solo guardandolo. Salimmo in A1, perdendo solo la prima partita contro il Tarvisio. Ai play-off scudetto, a cui partecipava anche la prima di A2, incontrammo l’Amatori Milano di Berlusconi, uno squadrone con 10-12 nazionali fortissimi. A Milano pareggiammo 10-10. A Catania, nel ritorno, il Santa Maria Goretti era strapieno. C’era gente ovunque. Feci la prima meta. Senti lo stadio esplodere, il terreno sembrava tremasse. Alla fine perdemmo di pochi punti ma fu una partita memorabile.”
“Furono anni davvero belli. In casa l’Amatori Catania batteva tutti, anche Benetton Treviso e Padova. Campionati sempre di medio-alta classifica, con un anno che, addirittura, arrivammo quarti. Nel 1993 iniziai ad entrare nel giro della nazionale. Arrivò come allenatore il francese Georges Coste che iniziò a convocare giovani promesse. Fra questi scelse pure me. Al primo raduno feci molto bene tanto che da guadagnarmi la mia prima convocazione ufficiale, contro la Russia. Arrivammo in una Mosca glaciale, con la temperatura a -10. Fu l’inizio di una grande avventura. Coste è stato un punto di riferimento importante e i suoi insegnamenti sono stati fondamentali anche da allenatore. Il suo modo di far giocare, di curare tutti i dettagli. A lui devo davvero tanto.”
“Nel ’94 sono stato confermato nel gruppo che andò a fare una tournée con la nazionale in Australia, per quattro settimane. Lì è nato il gruppo storico che ha guadagnato il 6 nazioni, con atleti come Massimo Giovanelli e Diego Dominguez. Georges Coste era molto duro, inflessibile, non solo nell’allenamento ma anche sul cibo, sull’alimentazione. Ci dava addosso ma ci curava come se fossimo figli suoi. In quegli anni si giocava il 5 nazioni. Le squadre che riposavano accettarono di giocare delle amichevoli contro di noi. Cominciammo a batterle quasi sistematicamente, addirittura l’Irlanda la battemmo 3 volte su 4 incontri. Battemmo 2 volte la Scozia e una volta la Francia, che all’epoca aveva vinto la competizione. Questo percorso ci permise di entrare in quello che è diventato il 6 nazioni nel 2000.”
“I mondiali del 1995 sono stati un pezzo di storia che mi porto dentro. Emozioni grandissime, indelebili, come la cena con il presidente Nelson Mandela, prima dell’inizio del torneo. Ho vissuto in prima persona quel cambiamento storico di uno stato dove, fino a quel momento, bianchi e neri erano stati sempre fisicamente divisi. Vederli tutti insieme, in uno stadio di rugby, fu uno spettacolo da brividi. Fu un buon mondiale per l’Italia. Battemmo l’Argentina per 31-25 e fummo sconfitti dall’Inghilterra 27-20. Incontrammo gli Sprigboks, campioni del mondo, a Roma nel novembre dello stesso anno ed ebbi l’onore di scambiare la mia maglia con Francois Pienaar, storico capitano di quella nazionale.”
“Nel 1996 andai a giocare nell’Amatori Milano di Silvio Berlusconi. Un’altra grande esperienza, un gruppo molto unito, in cui c’era anche il mio conterraneo Tito Cicciò. Quell’anno perdemmo la finale scudetto a Verona, contro il Benetton. L’anno successivo ebbi l’opportunità di andare a giocare in Francia, a Tolone. Un rugby di un livello molto più alto di quello che si giocava in Italia, in un paese in cui questo sport ha molto seguito e permette ai club di allestire squadre davvero competitive. La stampa ogni settimana faceva anche la classifica dei migliori giocatori, in cui ho avuto l’onore di entrare in tre volte. Nel 1998 tornai in Italia e andai a giocare alla Benetton, altro club molto ben strutturato e di grandissimo livello. In cui ho avuto anche la mia grande soddisfazione di vincere uno scudetto proprio al primo anno, nel 1989.”
“Dopo altri due anni passati a Bologna, con una promozione in A1, decisi che avevo già fatto troppi chilometri nella mia carriera. Era tempo di riavvicinarmi a casa. Nel 2002, Carmelo Ravidà, ex giocatore dell’Amatori Catania, mi propose di ritornare come giocatore e allenatore. Quell’anno la squadra era arrivata quart’ultima in serie B. Insieme a me arrivarono alcuni ex giocatori con cui avevo un buon legame, come Umberto Trebar. Facemmo una squadra vincente che fu promossa con tre giornate di anticipo, senza neanche una sconfitta sul campo. Vincemmo l’anno successivo il campionato di A2 e arrivammo in Super 10. Nel 2008 mi sono rimesso in gioco con il San Gregorio che mi diede carta bianca per una nuova grande sfida. Partimmo dalla serie B e in quattro anni arrivammo a giocare nella massima serie, in Eccellenza.”
“Da anni lavoro per la federazione, prima come consigliere ed oggi come Presidente Sicilia. Ho anche la responsabilità del rugby a 7, che è disciplina olimpica. Stiamo lavorando per avere una squadra che possa allenarsi e giocare a tempo pieno. Un lavoro duro quello di dirigente, cercando di dare un futuro al rugby in Sicilia. Un compito legato soprattutto nel reperire finanziamenti per le strutture, come è già avvenuto per Caltanissetta, Messina, Catania. E grazie al sindaco Bianco, per il campo di Librino, i cui lavori spero possano ripartire presto. Sono davvero dispiaciuto per i Briganti, che operano in maniera importante non solo dal punto di vista sportivo ma anche sociale. Il nostro futuro è legato agli investimenti nelle strutture, il vero motore per far crescere il rugby in Sicilia. E per permettere ai nostri giovani di talento di poter emergere nella nostra terra.”
Orazio Arancio