Stefano Luongo

Pro Recco, Stefano Luongo: la pallanuoto la mia grande scuola di vita.

Quando si conosce se stessi ed il nemico la vittoria è certa. Ma quando non si conosce il nemico e, soprattutto, se stessi la sconfitta è sicura. L’arte della guerra è l’arte della vita. Dove chi ha vissuto percorsi intensi, ha superato mille difficoltà, ha temprato, con il lavoro, la mente ed il corpo, raggiungendo i propri limiti, ha imparato a conoscere se stesso. E può affrontare la vita a muso duro. Stefano Luongo, attaccante della Pro Recco e del Settebello, ci racconta il suo percorso nella pallanuoto e il duro momento vissuto nel 2013. Dal buio alla grande vittoria dei mondiali di Gwangju, un percorso in cui lo sport e i suoi insegnamenti sono stati fondamentali per vincere nella vita.

Stefano Luongo
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Ci sono nato nell’acqua, mi è sempre piaciuto starci dentro e non ho mai pensato ad altro. Nascere e crescere a Chiavari, in Liguria, la terra in cui è nata la pallanuoto in Italia, da una famiglia in cui tutti i componenti la praticavano, ha determinato il mio destino, la mia strada. Un percorso non semplice, con tanti grandi ostacoli da superare e rischiando, persino, di perdere tutto. Di dover abbandonare quella che è la mia passione nella vita. Ma che invece mi ha fatto crescere, mi ha reso più forte e maturo, consapevole delle mie capacità e dei miei limiti. E che mi ha fatto arrivare agli obiettivi che avevo sempre sognato.”

Stefano Luongo
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“A Chiavari sono cresciuto ed ho giocato fino al 2009, quando sono passato per un anno al Sori e poi per due al Camogli. Ma la prima tappa importante della mia carriera fu nel 2012, a ventidue anni, con il passaggio alla Pro Recco. Senza nulla da togliere ai precedenti, l’anno vissuto a Recco è stato eccezionale, di grandissima crescita. Un gruppo molto unito, l’unico anno in cui, nella squadra, ci sono stati quasi tutti atleti italiani. La sola eccezione era Norbert Madaras, persona eccezionale, un grande campione fuori e dentro la piscina. Un anno magico che, oltre alle soddisfazioni sportive, vincendo scudetto e Coppa Italia, abbiamo vissuto, da un punto di vista personale, in maniera fantastica.”

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Nel 2013 arrivai a Napoli, approdando all’Acquachiara. E qui, a dicembre, prima del derby con la Canottieri, mi sentì male. Iniziò il periodo più buio della mia carriera: una peritonite, non compresa subito dai medici e degenerata in un’emorragia interna, mi portò ad essere operato d’urgenza. Sembra una frase fatta, ma aver fatto il pallanuotista da quando avevo 6 anni fino ai 23 o, comunque, essere stato nello sport ad alto livello, mi ha portato ad avere una soglia di sopportazione molto più alta. Non solo da un punto di vista fisico ma, soprattutto, psicologico. Quando i medici mi dissero che non sarei più potuto tornare alla pallanuoto o, comunque, non ad alti livelli, semplicemente non li ascoltai.”

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Non presi neanche in considerazione la possibilità di non tornare a giocare. L’aver fatto sport ad alti livelli, aver incontrato nella mia vita atleti ed allenatori che mi hanno inculcato una certa mentalità, è stato fondamentale per superare questo baratro. Ed oggi mi sento molto più forte. Vivere costantemente sotto stress, sotto pressione, ti porta a convivere con la tensione. E questo ti fa alzare il livello anche nella vita. Che ha significato, anche, rimettersi sempre in gioco, migliorare giorno dopo giorno, trovare le giuste motivazioni e superare i momenti più neri. Solo così è possibile raggiungere i propri obiettivi, anche quando possono sembrare tremendamente difficili. Così com’è stata la mia storia con il Settebello, piena di alti e bassi.”

Stefano Luongo
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Ho iniziato i miei rapporti con la nazionale e Sandro Campagna nel 2009, quando l’Italia arrivò dodicesima ai mondiali. Nella conseguente rivoluzione della squadra entrai anch’io, formazione che riuscì ad arrivare seconda agli europei di Zagabria, nel 2010. L’anno dopo, quello dei mondiali a Shanghai arrivò lo stop. Fu un colpo ma, in tutta onestà, accettai la scelta del mister perché la squadra che andò a disputare quella competizione era composta davvero dai più forti atleti in quel momento. Invece rimasi molto deluso nel 2016, nella selezione per le Olimpiadi di Rio. Confidavo che il percorso che avevo fatto tornando nel Settebello avesse creato un rapporto di fiducia e stima con il tecnico. Invece scelse altre soluzioni e con il Settebello finì lì. Ma fu anche l’anno della mia grande svolta: l’incontro con Gu Baldineti e la rivoluzione nella mia pallanuoto.

Stefano Luongo
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Nel 2016 approdai nella Sport Management. L’incontro con Gu Baldineti ha cambiato la mia vita e la mia carriera. E’ un tecnico che riesce a entrare in sintonia con i giocatori riuscendo a far dare il massimo si se stessi. E’ davvero un guru, con una visione della pallanuoto, secondo me, assolutamente moderna. Riuscendo a sfruttare al meglio il gruppo che ha a disposizione. Lo Sport Management, in quel campionato 2018-19, non aveva sulla carta una grandissima squadra. Ma lui disse: «Ok, con questa squadra dobbiamo fare un certo tipo di pallanuoto». Schemi a volte molto criticati, come la zona a M, ritenuta ormai superata dalla pallanuoto moderna, vennero impiegati perché riteneva si adattassero bene alle nostre caratteristiche. Ed i risultati gli hanno dato ragione. Gu ha la sfrontatezza e la pazzia di sfidare chiunque per essere coerente con le sue idee.”

Stefano Luongo
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Considero Gu il mio mentore. Un giorno mi disse: «Tu hai determinate caratteristiche. Io voglio che le migliori e voglio creare un gioco che ti permetta di sfruttarle al 100%». Effettivamente è stato il primo che mi ha fatto arrivare a dare il massimo nel mio gioco, migliorandomi sotto molti punti di vista. Dal contropiede al posizionarmi in mezzo per mettere in apprensione l’altra squadra: tutto questo lo devo a lui e alla sua visione della pallanuoto. Un rapporto che si è evoluto anche fuori dall’acqua, con tutto il gruppo dei giocatori della Sport Management con cui si è costruito un rapporto davvero fantastico. Ci sentiamo ancora tutti i giorni con i ragazzi della squadra. Sono quelle cose che ti rimangono dentro tutta la vita.”

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L’anno meraviglioso con lo Sport Management mi portò la chiamata dalla Pro Recco e, soprattutto, della nazionale. Dopo due anni, senza esserci più visti e sentiti, Sandro Campagna venne a vedermi e parlare con me. Mi disse che mi voleva in nazionale, che sarei servito per far dare il meglio alla squadra. E poter esprimere al massimo il mio gioco. Sicuramente la diversa età e maturità rispetto al 2011 ed al 2016, mi ha portato ad aprirmi subito, dimenticando il passato e guardando solo al futuro. Entrambi volevamo solo una cosa: vincere. E Gwangju ha rappresentato il coronamento di questa storia, con il Settebello e della mia personale nella pallanuoto. Ora guardo in modo ottimistico al futuro ed ai miei obiettivi. Ed alla vittoria più bella che è sempre la prossima.”

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