Lo sport è un microcosmo della vita, fatto di sacrificio, applicazione, lavoro, rispetto delle regole. Di successi e delusioni. Allo sviluppo fisico si accompagna quello mentale, capace di trasformare dei ragazzini in erba in uomini a cui affidare il futuro del mondo. Di questa scuola di vita è frutto Niccolò Rocchi, neo acquisto del Circolo Canottieri Ortigia, che ci racconta il suo lungo e difficile cammino nella pallanuoto. Mantenendo quell’umiltà e quella voglia di crescere tipica dei grandi campioni.
Ho iniziato a 10 anni con i corsi nuoto. Ho due fratelli più grandi che, all’epoca, già giocavano a pallanuoto, ad Imperia, la mia città, allenati da Stefano Piccardo. A 12 anni li ho seguiti e, già a 14 anni, sono passato al Camogli. Mi sentivo già quasi un professionista andando a giocare fuori dalla mia città e iniziando l’esperienza di vivere da solo. Ringrazio per questo i miei genitori. Non è stato facile vivere lontano dalla famiglia dovendo pensare non solo alla scuola ed agli allenamenti, ma anche alla vita quotidiana. La pallanuoto è stata, ed è ancora, la mia grande scuola di vita. Mi ha formato e mi ha aiutato a crescere come sportivo e come uomo.
Il 2015 rappresenta per me il mio anno zero, con il trasferimento a Trieste e l’inizio della mia avventura nella massima serie. Ritrovai come allenatore Stefano Piccardo che mi mise alla prova. Fu un anno bellissimo, intenso ma anche molto duro. Anche perché ero ancora a scuola. Frequentavo l’ultimo anno dei superiori e, a Trieste, presi il diploma. Questi sono gli anni anche delle nazionali giovanili dall’u15 alla 20. Una grande esperienza, un’emozione pazzesca ascoltare l’inno nazionale con la calottina azzurra in testa. Un sogno che spero possa ancora avverarsi con il Settebello.
Nel 2017, dopo due anni a Trieste, andai a giocare in Francia, a Nizza, nell’Olympic Nice Natation. Un altro anno intenso di crescita e bellissimo anche perché ero vicino alla famiglia, a solo mezz’ora da casa. Un campionato molto competitivo con un approccio nella preparazione differente rispetto alla scuola italiana. Lì c’era molta attenzione per l’aspetto fisico e meno per la tattica. Non potemmo fare la Champions per problemi societari. Ma anche da quell’esperienza ho tirato via il meglio.
A Siracusa mi sono trovato benissimo. Ho trovato un clima molto familiare, quando varco i cancelli della Cittadella è come entrare a casa. Ho trovato una squadra da dieci e lode, un legame fantastico tra tutti i ragazzi. I giovani hanno fame di vittoria, gli anziani vogliono restare sulla cresta dell’onda. Io imparo sia dai più grandi sia dai giovani. Per me, tutto questo, è un continuo stimolo a dare il massimo.
Il campionato che sarà? Tosto, molto duro. A parte Pro Recco e Brescia, che sono un gradino più alto, noi, Trieste, Palermo e Savona siamo tutte sullo stesso livello. L’Ortigia non è più una sorpresa. Abbiamo già dimostrato in coppa Italia di che pasta siamo fatti. Mi auguro di tornare a giocare, presuppongono ci siamo dei concentramenti tipo quelli della Coppa Italia. La cosa di cui sono contento è che noi ci alleniamo come se giocassimo il sabato. E di questo ringrazio tutti i miei compagni di squadra perché sono sicuro che quando torneremo a giocare saremo in grado di dare il massimo. Io qui voglio dare una mano alla squadra, ripagare l’allenatore per la fiducia che mi ha dato. E imparare molto dall’esperienza dei nostri grandi campioni.
Niccolò Rocchi