All’ombra di un vulcano, nella splendida terra di Sicilia, cresce e germina una tradizione che non ha pari al mondo. Una cultura, una scuola che è stata fucina di atlete che hanno rivestito di gloria il Paese, regalando emozioni ancora vive nel cuore della gente. Donne che si sono fatte largo con caparbietà e duro lavoro, portando la pallanuoto femminile italiana ai vertici mondiali. Martina Miceli ha legato la propria vita agonistica e personale a Catania diventando una delle atlete più vincenti della storia. Una passione sempre accesa, la grande voglia di vincere che continua da allenatrice. Facendo rinascere dalle ceneri il suo Orizzonte e riportandolo sull’Olimpo della pallanuoto femminile.
“Sono la quarta di 4 fratelli, tutti nuotatori, in piscina da sempre. Ed anch’io ho iniziato a nuotare quando avevo solo 3 anni. Ho fatto agonistica fino ai tredici, fino all’incontro con la pallanuoto che, dopo un anno, è diventata la mia unica passione. Ho avuto la fortuna di iniziare accanto a grandi giocatrici che mi hanno accompagnato nella mia crescita, agonistica e personale. Come Bianca Pirone, primo capitano della nazionale italiana femminile. Lei era a fine carriera, io avevo 14 anni, e mi prese sotto la sua ala. Poi ho avuto Lilly Allucci, il capitano della nazionale con cui ho vinto tutto. A vent’anni il mio arrivo in Sicilia che ha rappresentato la svolta della mia carriera.”
“Dal ‘93 al 2002 sono stata a Catania, prima con l’Orizzonte e dopo con la Mediterraneo, seguendo Mauro Maugeri, il mio allenatore. Poi ho giocato a Pescara e Firenze. Volevo avvicinarmi a Roma in un momento in cui volevo stare vicina alla famiglia. Ma il richiamo della Sicilia è stato più forte. Dal 2005 non mi sono più mossa da Catania, che ormai considero casa mia. Una città culla della pallanuoto femminile non solo italiana ma mondiale. L’Orizzonte è la squadra che ha vinto più Coppe dei Campioni al mondo. Poi è una bella città, la adoro. Mi sento catanese a tutti gli effetti. Ho vissuto più a Catania che a Roma.”
“Pierluigi Formiconi è stato il mio allenatore, quello con la A maiuscola. Mi ha preso bambina e l’ho avuto fino a quando sono diventata donna. Tutto quello che ho vinto in nazionale l’ho vinto con lui. Ed ho avuto la fortuna di averlo nell’Orizzonte dal 2008 al 2012. Gli devo tutto. A volte mi spavento perché sembra che viva dentro di me, sembra che parli come lui, nello stesso modo. Tutti quelli che ho incontrato nella mia carriera mi hanno lasciato qualcosa. Il trucco per un atleta è imparare da tutti, chiunque ha qualcosa da insegnarti, allenatori, compagne, avversarie. Solo se si entra in quest’ottica si riesce ad arrivare in alto.”
“Tutte le vittorie sono state belle. Anzi dico sempre che la più bella è sempre la prossima. E ogni vittoria ti aiuta a vincere. Non si è mai appagati. E come una droga. Più vinci e più ti piace. E vorresti vincere ancora. Sicuramente la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene è stata la più emozionante. L’ho vista e rivissuta tante volte ma i brividi li sento sempre. E’ il sogno di qualsiasi bambino che fa uno sport. Abbiamo vinto ad Atene, nella patria delle Olimpiadi, con la squadra con cui ero cresciuta, ai tempi supplementari e contro la squadra di casa. E in uno stadio pieno di gente che ci faceva il tifo contro. Neanche se l’avessimo sognata sarebbe potuta essere così bella.“
“Partecipare alle olimpiadi non sono solo le partite. Quando si entra in vasca è un incontro come gli altri. La magia è attorno. Essere in un team olimpico non è solo far parte di una squadra. Si sente forte il dover rappresentare un universo più ampio: il proprio Paese, lo sport per cui hai sofferto una vita, i propri sogni. L’emozione è soprattutto quello che ti circonda: il villaggio olimpico, l’atmosfera che si vive, la cerimonia d’apertura, la fiaccola, la mensa del villaggio olimpico, stando gomito a gomito con atleti che avevi visto solo in televisione. E soprattutto quelle lacrime di gioia sopra l’inno nazionale con la medaglia d’oro al collo. E’ stato tutto magico.”
“Ho smesso di giocare e ho iniziato subito ad allenare le giovanili. Nel 2012 sono passata a fare il tecnico della prima squadra dell’Orizzonte. All’inizio è stato strano. Mi sono ritrovata le mie ex compagne di squadra, con cui avevo condiviso tante battaglie in acqua. Anche se, alla fine della mia carriera, ero la più grande, mi sentivo una chioccia. Non è stato facile ritornare a vincere. L’inizio è stato disastroso a livello societario. Abbiamo perso tutti gli sponsor e siamo stati costretti a fare un cambio societario. L’Orizzonte stava morendo e io e Tania Di Mario ci siamo presi quest’onere e onore di riprendere la situazione in mano. Lei oggi è presidente e io vicepresidente.”
“Abbiamo avuto la fortuna di trovare casa nell’Ekipe, che ha creduto in noi. Da lì abbiamo iniziato a ricostruire. Ci sono stati anni bui, difficili. Dal disputare finali scudetto ci siamo ritrovate a lottare per non retrocedere. Ci siamo sempre ben difese. Il primo anno avevamo una squadra di quindicenni. Tre anni difficili con la prima squadra. Ma abbiamo raccolto grandi soddisfazioni con le giovanili, vincendo tre scudetti. In loro era il nostro futuro. L’anno scorso siamo riuscite a vincere il campionato di serie A1 e quello U19. Penso non sia mai successo in nessun club, neanche maschile. Abbiamo ricominciato da zero senza mai fare il passo più lungo della gamba. E il lavoro ci ha dato ragione.“
“Con l’Orizzonte la vittoria più sofferta e desiderata è stato lo scudetto del 2019. Venivamo dal precedente campionato dove avevamo chiuso la stagione regolare con 15 punti di vantaggio. Abbiamo fatto le final six. Ci siamo dette che si doveva ripartiva da zero. Abbiamo fallito, gli altri sono stati più bravi. Ma noi non siamo state all’altezza. Per cui abbiamo vissuto questo campionato in apnea, con le immagini nella mente della sconfitta dell’anno prima. Arrivare allo scudetto è stata una gioia immensa, riportare la mia squadra sul tetto d’Italia dopo un digiuno durato 8 lunghi anni.”
“Lo sport è sempre stata una dura lotta. E le donne hanno sempre dovuto combattere e soffrire di più. Mi ricordo le battaglie negli anni d’oro, prima del 2000, per diritti, premi, borse di studio. Lotte pazzesche. All’epoca le medaglie erano quantificate di meno per le donne. Per una medaglia d’oro al mondiale gli uomini ricevevano di più. Una cosa assurda. Noi abbiamo fatto tanto e, con lo storico Setterosa, siamo riuscite ad arrivare alla parità dei premi. La Federazione, anzi, dovrebbe favorire di più le donne. Gli uomini, già a livello di club, percepiscono molto di più e possono fare gli atleti a tempo pieno. Ma l’impegno, le ore di lavoro, i sacrifici sono identici. Senza contare che, se sei donna e hai trent’anni e vuoi andare a fare un’olimpiade, magari devi rimandare l’idea di avere un figlio.”
“Anche quest’anno il percorso dell’Ekipe Orizzonte è stato splendido. Quello che è successo è stato qualcosa più grande di noi. Era giusto fermare tutto. Spero si possa ripartire in estate. E’ da anni che si discute sul giocare nella stagione estiva nelle piscine all’aperto. Il successo delle final six dello scorso anno, giocate nella piscina all’aperto di Catania per le donne e di Siracusa per gli uomini, lo dimostra. Io sono felice di quello che faccio, ho avuto la fortuna di rimanere nel mondo che tanto amo. Il lavoro da tecnico è un continuo evolversi, la ricerca di un equilibrio che è sempre in divenire. Non esiste una formula magica e non c’è un modo unico di rapportarsi. L’unica cosa, l’unico vero segreto, è che bisogna sempre cambiare per vincere.”
Martina Miceli